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Prepararsi al futuro delle competenze

I progressi tecnologici, come l’automazione, l’intelligenza artificiale e la robotica, hanno un profondo impatto sui luoghi di lavoro di oggi e del futuro. Le esigenze in materia di competenze sono in evoluzione e sia l’UE che i governi nazionali hanno risposto con un’ampia gamma di iniziative. Ma cosa pensano i lavoratori della situazione?

Per avere un’idea delle opinioni diffuse riguardo ai cambiamenti in atto nel mondo del lavoro, recentemente Deloitte ha effettuato un’indagine europea sulla forza lavoro. Nell’ambito dello studio, della durata di 15 mesi, sono state intervistate più di 15 000 persone in 10 paesi europei. Ecco una sintesi dei principali risultati.

La maggior parte dei lavoratori considera positivo l’impatto dei cambiamenti tecnologici

Deloitte ha rilevato che in generale i lavoratori guardano con favore all’impatto dei cambiamenti tecnologici sulle competenze:

  • il 51 % ritiene che fra 10 anni l’automazione migliorerà la qualità del proprio lavoro;
  • il 50 % pensa di avere l’opportunità di sviluppare nuove competenze grazie all’automazione;
  • il 48 % considera che l’automazione accrescerà la propria produttività;
  • soltanto il 24 % crede che l’automazione renderà il proprio lavoro superfluo;
  • appena il 26 % afferma che l’automazione ridurrà la stabilità del proprio impiego.

Se si tiene conto del livello di istruzione, i lavoratori con qualifiche superiori hanno un’opinione più positiva riguardo all’impatto della tecnologia, mentre quelli con qualifiche inferiori hanno un parere meno favorevole.

I lavoratori si sentono per la maggior parte pronti per il futuro

Quasi il 90 % dei lavoratori ritiene di avere «una certa» o «un’ottima» preparazione per il futuro.

In termini di abilità nei principali settori di competenza:

  • il 52 % considera di avere già competenze informatiche avanzate (il 23 % afferma di necessitare di perfezionarle);
  • il 45 % ha già un elevato livello di conoscenze tecniche (il 20 % necessita di perfezionarle);
  • il 38 % ha già un elevato livello di competenze di apprendimento (il 19 % necessita di perfezionarle).

Rispetto ad altri soggetti i lavoratori si considerano inoltre più preparati agli sviluppi legati alle tecnologie emergenti:

  • il 26 % ritiene di essere molto preparato;
  • il 22 % pensa che il proprio datore di lavoro sia molto preparato;
  • il 19 % considera che il proprio settore sia molto preparato;
  • il 14 % è del parere che il proprio governo/le proprie istituzioni politiche sia/siano molto preparato/e.

La maggior parte dei lavoratori ritiene che le misure politiche dovrebbero incentrarsi sull’istruzione e sulla formazione

Interrogati sulle diverse misure che potrebbero essere introdotte dai governi, i lavoratori attribuiscono la massima priorità all’istruzione e alla formazione:

  • il 52 % ritiene che le misure politiche dovrebbero dare priorità al miglioramento della disponibilità di formazione professionale;
  • il 52 % pensa che le misure dovrebbero dare priorità al miglioramento dell’istruzione secondaria;
  • il 46 % considera che le misure dovrebbero dare priorità al miglioramento dell’accesso alle nuove tecnologie;
  • il 42 % afferma che le misure dovrebbero dare priorità al miglioramento dell’istruzione universitaria;
  • soltanto il 21 % crede che le misure dovrebbero dare priorità alla limitazione dell’uso di tecnologie che mettono a rischio i posti di lavoro.

Se si considera il livello di istruzione, i lavoratori con qualifiche inferiori sono più propensi a sostenere una restrizione delle nuove tecnologie.

Principali conclusioni e raccomandazioni

  • La maggior parte dei lavoratori è pronta ad abbracciare il potenziale della tecnologia. Tale conclusione è contraria all’idea comune secondo cui i lavoratori temono i cambiamenti tecnologici e sono riluttanti ad accettarli. Deloitte raccomanda che i responsabili politici trovino il modo di coinvolgere i lavoratori nel processo di transizione e che le autorità pubbliche si dedichino ad elaborare una narrazione positiva sulla rivoluzione digitale, mettendo in risalto ad esempio il potenziale della tecnologia di creare posti di lavoro.
  • I lavoratori scarsamente qualificati rischiano di essere lasciati indietro se non vengono adottate le misure appropriate. I lavoratori con un alto livello di istruzione sono più ottimisti sul futuro del lavoro rispetto a quelli con qualifiche inferiori. Deloitte raccomanda ai governi di adottare misure per assicurare che tutti siano a conoscenza delle realtà dell’industria 4.0 e preparati ad affrontarle, in particolare ricorrendo a interventi su misura per aiutare coloro che sono soggetti al maggior rischio di essere lasciati indietro.
  • I lavoratori si attendono che i governi diano l’esempio e creino un quadro generale di riferimento. Il fatto che un’alta percentuale di lavoratori si sente preparata per il futuro suggerisce che alcuni potrebbero sottovalutare l’impatto dei cambiamenti a venire e che vi è una generale mancanza di consapevolezza riguardo alla necessità di perfezionamento e riqualificazione. Deloitte raccomanda che i governi e le autorità pubbliche forniscano informazioni ai lavoratori e diano il buon esempio adottando nuove tecnologie.
  • I governi dovrebbero fornire alle parti interessate il contesto adatto per colmare i deficit di competenze. Se da un lato i lavoratori ritengono che le politiche in materia di istruzione e formazione debbano essere considerate prioritarie, dall’altro pensano che l’offerta di formazione sia in larga misura di competenza dei datori di lavoro anziché delle autorità pubbliche. Deloitte raccomanda alle imprese di guidare la transizione tecnologica creando una cultura dell’apprendimento e ai governi di investire nell’istruzione e nella formazione professionale e nell’apprendimento permanente.

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Innovazione nell’energia

Quanto e come stanno investendo in ricerca e innovazione le imprese dell’energia? Quali sono le strade più promettenti che si stanno percorrendo? E su quali invece bisognerebbe spingere di più?

A queste a molte altre domande risponde il nuovo Energy Innovation Report dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, che sarà presentato il prossimo 10 luglio ma che QualEnergia.it ha potuto visionare in anteprima.

Tra i vari aspetti, lo studio presenta un’analisi degli investimenti in ricerca e sviluppo di una popolazione rappresentativa di 878 imprese del settore Energy in Europa, analizzata per 10 anni, dal 2009 – 2018.

Le tendenze che emergono sono diverse: da una parte c’è un trend netto di riduzione, soprattutto tra le imprese di maggiore dimensione. Solo 10 anni fa, circa il 25% di tali aziende spendeva in ricerca e sviluppo, una quota che si è gradualmente ridotta rasentando il 10% nel 2018.

Le aziende grandi e più mature, come ci si aspetterebbe sono comunque più innovative, sia in termini di investimenti e brevetti. Allo stesso tempo però, gli investimenti in innovazione sono diventati sempre più comuni tra le imprese di piccole e medie dimensioni, con una decisa impennata da parte delle piccole imprese nel 2018.

Le aziende – si legge nello studio – investono maggiormente in R&S quando riscontrano performance negative, cosa che, spiegano gli analisti dell’E&S Group, “sottolinea come gli investimenti in R&S siano percepiti come una via rischiosa, ma altresì necessaria, per aumentare la competitività dell’impresa.”

Tuttavia, si spiega, la relazione tra innovazione e performance aziendali “non è scontata”. L’analisi mostra che gli investimenti in R&S non sempre portano ad un miglioramento delle performance in termini di ROA (Return on Assets) nel breve-medio termine leggiamo dal report.

Interessante poi la lista dei 14 trend tecnologici più significativi per il settore individuata dal rapporto, lista che comprende sia soluzioni con applicazioni specifiche nel settore Energy che trasversali.

I ricercatori hanno diviso le di tecnologie più interessanti in tre gruppi, a seconda di quanto in là nel tempo produrranno effetti e di quanto sono mature:

  • Le tecnologie emergenti ad alto impatto nel lungo periodo: Blockchain, Cybersecurity, Cloud Computing, ed Energy Storage.
  • Le tecnologie in fase di sviluppo ad alto impatto nel medio periodo: Artificial Intelligence & Machine Learning, Big Data & Analytics, Electric Mobility, Internet of Things & Connectivity, e Smart Grid & Demand-Response.
  • Le tecnologie mediamente mature con impatti di natura incrementale nel breve-medio periodo: 3D Printing, Augmented & Virtual Reality, Energy Efficiency, Renewable Energies, e Robotics & Drones.

Infine, grazie al coinvolgimento di un panel di esperti, si è delineata un’agenda strategica per i manager del settore, identificando tre principali trend:

  • I trend «Urgenti», ossia Robotica e Droni, E-Mobility, e Augmented & Virtual Reality, per i quali gli esperti prevedono forti impatti sul modello di business delle imprese nel breve periodo.
  • I trend «Emergenti», cioè Cloud Computing, Big Data, Renewable Energies e 3D Printing, sui cui impatti gli esperti sono piuttosto divisi, e che rappresentano quindi una scommessa per le imprese del settore.
  • I trend «Strategici», ossia Blockchain, IoT, AI & ML, Energy Efficiency, Smart Grid & Demand-Response, Cybersecurity e Energy Storage, che non sono ancora assolutamente centrali nelle strategie e nel business delle imprese Energy, ma che sono ritenute ad alto impatto nel lungo periodo.

Futuro elettrico

Stop di Mercedes ai motori benzina e diesel: il futuro è elettrico

20 settembre 2019 – La Casa automobilistica tedesca Daimler ha dichiarato di non voler più produrre motori classici.

Daimler infatti lascia oggi spazio solo alle nuove vetture a zero emissioni, l’elettrico è il futuro e quindi non vedremo più motori Mercedes a combustione interna ma solo elettrici. Il più recente motore standard di ultima generazione che è appena stato lanciato molto probabilmente quindi sarà l’ultimo che vedremo, o almeno questo è quello che ha dichiarato la Casa stessa.

Markus Schaefer, capo dello sviluppo di Daimler, ha dichiarato che in questo momento non ha in programma di realizzare nessun altro motore a combustione di nuova generazione, la Casa automobilistica si sta concentrando praticamente solo ed esclusivamente sulla produzione di nuovi propulsori esclusivamente elettrici. Quello che potrebbero fare, anche se non creeranno nuovi motori a combustione interna, è comunque lavorare su alcune parti specifiche per andare ad apportare delle migliorie sui propulsori già esistenti. Questo anche perché effettivamente negli ultimi anni sono arrivati alla Casa differenti segnali che stanno ad indicare che i motori a combustione interna stanno arrivando al limite.

Tutto poi si è accentuato con la questione del dieselgate, che ha permesso di scoprire che tutto il settore in realtà stava cercando di falsare i dati, provando in tutti i modi a fornire dati sulle emissioni non propriamente accurati.  A questo si aggiunge poi il fatto che oggi ci sono sempre più Paesi che stanno annunciando che entro il 2040 vorrebbero vietare la vendita di auto e veicoli di ogni tipo che siano alimentati a benzina e diesel, per favorire quindi la mobilità elettrica del futuro. Sono anche queste situazioni a spingere le Case automobilistiche come ad esempio Volkswagen e Daimler a ripensare ai loro piani per il futuro, a rivedere ogni strategia a lungo termine per investire in tecnologie differenti e di ultima generazione.

Mercedes-Benz e Smart, come aveva già annunciato Daimler, offriranno quindi solo ed esclusivamente versioni elettriche per tutti i modelli di auto in produzione entro il 2022, il grande cambiamento sta per avvenire. Anche Volkswagen si sta muovendo in questa stessa direzione, di recente ha presentato la sua nuovissima EV, denominata ID.3, che sta avendo già moltissimo successo, e si continua anche a parlare della possibile  futura crossover elettrica ID.4.Tag: auto dieselauto elettricheMercedes

Fonte: Virgilio motori